Camogli

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Camogli è la città dei mille velieri bianchi. Quando si passeggia per le vie del borgo si è colpiti, prima di ogni altra cosa, dai colori vivaci e dalle decorazioni dei palazzi che si affacciano sull'antico molo costruito dalla Repubblica di Genova nel XVIII secolo. In questo angolo di terra, circondato dal mare, ancora domina su muraglie fortificate, il Castel Dragone di origine medioevale, sorse a difesa della cittadina.
L'architettura delle case, la spiaggia, i colori ed anche l'aria profumata concorrono a formare l'unicità di questo angolo.
Le origini del nome su cui molti studiosi si sono cimentati rimangono oscure. Le più probabili sono le seguenti:

    "VILA CAMULI" da Camulio, dio etrusco della guerra, o Camolio, divinità solare gallo-celtica;

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    "CASMONA" Plinio usava "Casmonauti" gli abitanti di questa zona prima dell'arrivo dei romani;
    "CA' MOGLI" dal dialetto genovese "Cà de Moggee" (casa delle mogli), derivante dal fatto che gli uomini erano sempre per mare e le donne dominavano il paese;
    "CAMUGGI" dal dialetto genovese "Cà a muggi" (case a mucchi) , derivante dalle caratteristiche case addossate una all'altra.

La storia di Camogli comincia dal mare, sul mare si protende e nei secoli a venire, conoscerà il suo massimo splendore. Si estende in seguito su quello che è oggi il lungomare, dove le prime case vengono costruite tra il 1300 ed il 1400. Sono case altissime, una attaccata all'altra, come se volessero sostenersi a vicenda. Venivano costruite così perché ogni metro di terreno per innalzarle veniva rubato alla collina retrostante con costose operazioni di sbancamento, dati anche i mezzi a disposizione a quell'epoca, e più erano alte le case, venivano costruiti più alloggi ed anche un muro risparmiato era un risparmio per il costruttore.

Prima del 1700 i Camogliesi navigavano già, ma si trattava più che altro di piccoli commerci costieri poi, dal 1750, si ha un certo sviluppo della marineria locale, comunque sempre limitata alla navigazione nell'ambito del Mediterraneo.
Quando cominciano ad entrare nel Mediterraneo grosse navi inglesi e francesi, durante il periodo napoleonico, i Camogliesi imparano un nuovo modo di navigare.
Infatti fino ad allora c'era stata l'abitudine di tirare le navi in secco durante i mesi invernali ed iniziare a navigare solo in primavera, da questi stranieri il camogliese apprese l'arte di navigare tutto l'anno, costruendo navi più grandi ed uscendo finalmente anche dal Mediterraneo. E' l'inizio di un'era e di un'evoluzione che durerà fino all'inizio del XX secolo terminando con l'avvento delle navi a vapore. All'inizio del 1800 Napoleone,nella spedizione in Egitto, utilizza navi e uomini di Camogli. Nasce la marineria Camogliese, ma solo più tardi, nella campagna dei Francesi in Algeria, le navi Camogliesi sono protagoniste. Gli armatori Camogliesi si rendono conto che è necessario aumentare la flotta.
Durante la guerra di Crimea, all'inizio della seconda metà del XIX secolo , Camogli inizia il suo massimo momento di gloria e si conquista l'appellativo di "Città dai Mille Bianchi Velieri". Durante questa guerra era nata la necessità di avere navi appoggio che portassero vettovaglie e armi alle truppe che combattevano, e i Camogliesi non si tirarono indietro, navigando per il Regno di Piemonte, gli Inglesi e i Francesi. Il cantiere di Camogli e quelli delle città vicine, fino a Livorno, lavoravano a pieno ritmo per costruire nuovi velieri che avrebbero navigato in tutto i mari, doppiato il pericoloso Capo Horn con i suoi "quaranta ruggenti" ed il Capo di Nuova Speranza. A quell'epoca Camogli era in piena attività. Nel 1880 Camogli vantava ben 500 diplomati Capitani e all'epoca, per un paese con 12.000 abitanti, tra cui molte donne, ed il 60% di analfabetismo, poteva a buon diritto essere chiamata una città progredita. Tutta la popolazione traeva vantaggio dalle grandi navi a vela.
Nel 1840 nacquero le prime navi a vapore, erano navi a vela trasformate e all'inizio non facevano paura a nessuno, ma il vapore, invece, prese campo ed agli inizi del 1900 si era ormai affermato, ma i Camogliesi non riuscirono ad adeguarsi in tempo. Un piroscafo costava molto più di una nave a vela, che ormai era in declino, ed a quel punto gli armatori Camogliesi non avevano più la forza finanziaria dei decenni precedenti e non poterono affrontare quel nuovo mondo. Così finì un'epoca gloriosa, un'epoca che aveva portato Camogli ai vertici della navigazione commerciale a vela.

La Tonnara e Camogli sono inscindibili. L'arrivo della bella stagione è segnata dalla distesa delle grosse reti di filetto di cocco sul muraglione del molo in tutta la sua lunghezza, in attesa di essere rifinite, cucite insieme e calate in mare. La calata in mare della Tonnara segna l'inizio dell'estate più dell'arrivo del sol leone, come, alla fine di Settembre, la processione dell'"asino" e della "poltrona" che venivano riportate in porto alla fine della stagione di pesca, segnano anche la fine dell'estate.

Asino, la barca che portava il pescato

La storia di questa barca è anche legata all'inizio della tradizione del falò decorato, il tradizionale falò che si accende la sera del secondo sabato di Maggio, vigilia della festa di San Fortunato, patrono dei Pescatori e che iniziò proprio con questa imbarcazione.

Venne costruito a Mola di Bari nel 1922.
Dopo aver lavorato per un po' di anni presso la tonnara, nel 1936 andò a finire a Santa Margherita dove la barca fu motorizzata e destinata alla pesca con i palamiti. Nel 1940 venne trasformato in un peschereccio e questa volta impiegato per la pesca a strascico.

Nell'Agosto del 1946 durante una terribile libecciata l'imbarcazione naufragò miseramente, fu allora che l'interesse dei tonnarotti camogliesi si rivolse nuovamente a quel vecchio scafo che anni prima avevano ceduto ai pescatori di Santa Margherita e così, da buoni camogliesi con un occhio alla possibilità di fare un buon affare, lo ricomprarono. La vecchia barca tornò a lavorare a Punta Chiappa e a caricarsi del pescato della tonnara, riprendendo il vecchio nome di "Asino" o "Aze", come si dice in dialetto.

Passarono gli anni, mani e mani di vernice ogni anno la rimettevano a nuovo e la barca andava avanti e indietro con il suo carico di uomini e di pesci finché un giorno venne deciso che per lei era finita, l'unica soluzione era riempirla di sassi ed affondarla. Dato che ricorreva la festa dei falò di S.Fortunato, protettore dei pescatori, venne deciso utilizzare il vecchio "Asino" per rendere il falò più imponente. Ma l'avventura non era finita. La barca fu issata sulla catasta, fu ridipinta, le fu messo l'albero, una vela, le luci di posizione, fu insomma addobbata e rivestita come se fosse pronta per un varo, quando improvvisamente, si alzò una terribile libecciata che minacciò seriamente il falò e allora avvenne il miracolo: tutta la popolazione si mobilitò per riempire sacchi di sabbia e pietre accatastandole alla base del falò per contendere al mare quello che ormai riteneva suo di diritto.

La mattina dopo, calmatasi la libecciata, uno strano spettacolo si presentò ai primi che accorsero sulla spiaggia : tutto intorno alla catasta di legna si era formato un solco, il mare era stato fermato dai sacchi di pietre e sabbia e Asino troneggiava sulla catasta di legna come l'arca di Noé in cima all'Ararat.
Quella sera la festa ebbe luogo e si diede fuoco al falò. Asino se ne andò scoppiettando tra le fiamme, in uno sfolgorio di scintille, rendendo felici tutti quelli che assistevano, così la sua fine non fu affatto ingloriosa anzi, sembrava una di quelle navi vichinghe che i guerrieri di quel popolo davano alle fiamme quando un loro eroe moriva, per onorarlo. Così da quell'anno i ragazzi addetti al falò non si limitarono più ad accatastare legname, ma con il materiale che recuperavano iniziarono a costruire delle strutture, una volta era l'Abbazia di San Fruttuoso, un'altra volta una fontana o un veliero secondo quello che la fantasia suggeriva. Così, in qualche modo, la tradizione dei falò decorati che si accendono la sera del secondo sabato di Maggio in onore del Patrono dei Pescatori, è anche legato alla tonnara.

Testi tratti dal sito www.mareblucamogli.com di Annamaria Mariotti

 


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Portofino

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Una perla custodita nella sua conchiglia, così si presenta Portofino al visitatore che viene dal mare.
E' una baia ben riparata sia per la conformazione, sia per il monte di Portofino che si affaccia sul mare formando una scogliera lunga un paio di chilometri che ha nella Punta del Faro l'estremità orientale. La posizione favorevole, infatti, attirò l'insediamento umano fin da tempi remoti. Plinio il Vecchio cita la località come "Portus Delphini", ed era già noto in epoca romana. Determinante per Portofino l'insediamento dei monaci a San Fruttuoso: da loro partì una intensa opera di cura per il territorio e per tutte le attività, economiche e spirituali, con influenze che andavano ben oltre i limiti geografici del Monte.
Dopo essere stato per circa duecento anni sotto l'abbazia di San Fruttuoso, dal XII secolo il borgo passò alla Repubblica di Genova, che nel XVII secolo fece costruire una fortezza nota ora come Castello Brown, derivante dal nome del Console Inglese a Genova, Sir Montagne Yeats Brown. proprietario del maniero dal 1867 al 1949. E' una struttura con fondamenta romane, nel corso dei secoli il Castello ha visto, tra gli altri, il dominio della Repubblica di Genova, delle forze Inglesi ed austriache, delle Armate Napoleoniche ed infine del regno di Sardegna. Nel 1961 è stato acquistato dal comune di Portofino.

Per comprendere la bellezza e l'eccezionalità di Portofino bisogna guardarla dal piazzale della chiesa di San Giorgio che sorge a picco sul promontorio dominando il borgo. Da qui con un colpo d'occhio si dominano il porto e la fila di case colorate con le caratteristiche decorazioni. La chiesa di San Martino, del XII secolo, sorge nel nucleo più antico del paese, conserva marmi barocchi, sculture e dipinti notevoli, come il trittico dei Santi Rocco, Sebastiano e Fabiano con in alto l'"Ecce Homo" affiancato dall'Arcangelo Gabriele e dall'Annunziata. Altre tele degne di nota, di scuola genovese del XVI secolo: l'Annunciazione e San Martino in mezzo ai poveri.
Alle spalle del borgo salendo per le stradine ed i sentieri del Monte di Portofino anche là dove la mano dell'uomo non è intervenuta, la disposizione delle piante, della macchia mediterranea, l'andamento mosso del terreno, offrono uno spettacolo di grazia spontanea.Le escursioni sul monte di Portofino sono un'esperienza altrettanto intensa di quella che si può godere a contatto col sole e col mare. Ombre riposanti, improvviso irrompere di luce piena, mediterranea, scorci di cielo azzurro, squarci improvvisi dove, al di là del verde, si stende il blu cobalto del mare, aromi intensi, dolcissimi.Un giardino profumato che la natura ha voluto elargire.
Notte e giorno uno spettacolo. Forse è per questo che, dagli anni cinquanta e sessanta, Portofino è diventato uno dei simboli della dolce vita; il posto dove capita di incontrare, sulla banchina del porticciolo, nei caratteristici vicoli, i grandi protagonisti dei sogni di tutti: divi di Hollywood, grandi nomi dell'arte, della politica e dell'industria.
Dal 1995 Portofino fa parte del Club "Gioielli del Turismo d'Europa" che raggruppa centri turistici europei di elevata qualità e di indiscusso interesse ambientale e culturale. Il Club si pone come obiettivo la cooperazione e lo scambio di informazioni fra i membri. E' prevista l'eleborazione di politiche comuni per lo sviluppo del turismo europeo volte a formulare proposte nelle sedi istituzionali dell'Unione Europea. Fanno parte di questo club esclusivo: Biarritz, Brighton, Cascais, Nauplion, Portofino, San Sebastian, Sitges Thèoule Sur Mer.

Il passato porta per mano nel futuro le suggestioni di una festa religiosa , i segreti di riti che vengono tramandati. Ecco la tradizionale sfilata dei Cristi, la celebrazione della funzione religiosa con l'esposizione delle reliquie di S. Giorgio Martire, conservate gelosamente dai portofinesi nella Chiesa a Lui dedicata, la cascata dei fuochi artificiali e il falò che viene acceso sulla piazzetta, illuminano e colorano una notte di primavera nel piccolo borgo, il tutto per ricordare il Martire.
Il primo degli appuntamenti mondani si svolge nello specchio antistante Portofino: il tradizionale "Trofeo velico Ermenegildo Zegna". Tre giornate di spettacolo con barche mozzafiato, ognuna delle quali è stata progettata e costruita per un solo scopo: vincere

 

 

 

 


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Santa Margherita Ligure

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Santa Margherita Ligure può essere definita un elegante salotto mondano frequentato da turisti provenienti da tutto il mondo che affollano i bei caffè e i ristoranti, le gallerie d'arte e i negozi esclusivi, gli eleganti alberghi, il porticciolo.
Attorno al porto turistico si sviluppano occasioni mondane, feste, folklore e tanto sport, la vela anzitutto, il canottaggio e la subacquea.
E' un turismo di prestigio quello di Santa Margherita, che va alla ricerca di tutto ciò che fa tendenza ma anche del prodotto genuino e di una natura incontaminata.
L'antica tradizione marinara non è stata certo abbandonata con l'arrivo del turismo: la flotta di pescherecci che sta a fianco delle più belle barche da diporto prova che la vita si svolge ancora sul mare.

Paraggi, frazione situata tra Santa Margherita Ligure e Portofino, offre una splendida cala nascosta tra il verde e una spiaggia di sabbia dorata, è un magico tripudio di colori e di profumi mediterranei.

Un documento del XII secolo la chiama "Santa Margherita di Pescino". Infatti nei secoli successivi si formano due distinti borghi, Pescino e Corte.
Nel cuore della cittadina sorge Villa Durazzo, splendida costruzione cinquecentesca delle famiglie Durazzo- Pallavicino. Appartenne anche al principe Centurione e alla famiglia Chierichetti che la vendette al Comune di Santa Margherita Ligure.

Sede dei Corsi Internazionali di Studi Italiani, conserva la biblioteca dello scrittore sammargheritese Vittorio G. Rossi ed è sede di rappresentanza del Comune. Intorno alla villa si snoda un meraviglioso parco, ricco di piante secolari e rare, è attraversato da viali con ciotoli bianchi e neri che riprendono il sagrato di San Giacomo di Corte e abbellito da vasche in marmo e sculture neoclassiche. Qui viene conservato un pezzo dell'"Elettra", il panfilo sul quale Marconi effettuò molti esperimenti nel Tigullio.
Collegato alla Villa sorge il Castello su uno sperone roccioso. Costruito intorno alla metà del XVI secolo in soli sei mesi per volontà degli abitanti e decreto del Doge, al fine di salvaguardare i borghi di Santa Margherita e San Giacomo di Corte.
Notevoli le chiese tra cui la Basilica di S. Margherita di Antiochia, detta "La Madonna della Rosa", si trova nel cuore del centro storico. La leggenda racconta come una statua della Madonna con una rosa nella mano destra e con il Bambino sul braccio sinistro, sia stata portata nel borgo da un marinaio, durante il medioevo. Durante i lavori di rifacimento della Chiesa, nella primavera del 1672, sotto l'altare maggiore, venne trovata un'anfora contenente acqua limpida e profumata dai miracolosi effetti.
La statuetta di N.S. della Rosa è contenuta in un tabernacolo sopra l'altare maggiore della Chiesa. Ci sono diverse opere d'arte come la tela di V. Castello raffigurante le nozze mistiche di S.Caterina, l'Angelo Custode del De Ferrari, il Battesimo di Nostro Signore del Casone e la Vergine e S.Domenico nella cappella del Rosario. Le reliquie di S. Margherita d'Antiochia, titolare della Parrocchia, sono sistemate in un'urna nel coro basilicale. Il calice e l'ostensorio intarsiato in corallo rosa, preziosi arredi che ricordano l'attività corallaia dei marinai sammargheritesi.

L'arrivo della Primavera a Santa Margherita Ligure viene salutato da ormai quasi 30 anni, con una gran festa. Sul lungomare della Ghiaia si preparano frittelle di tutti i tipi, con il pesce, con le mele, l'erba cipollina, frittelle dolci e salate, e vengono distribuite a tutti i passanti, per tutto il giorno. All'imbrunire, poi, si accende un poderoso fuoco, sul quale vengono appesi due pupazzi. Il falò simboleggia la fine dell'inverno e accoglie felicemente la bella stagione . Questa festa, legata al ciclo stagionale, riporta agli antichi riti agricoli e marittimi che si svolgevano per propiziarsi una buona stagione estiva.

Il golfo del Tigullio si tinge di svariati colori con le numerose vele che partecipano ad un appuntamento di grande prestigio: le regate di primavera, la "Coppa Guido Prina" e la "Coppa Carlo Negri". Non a caso questi trofei conferiscono a Santa Margherita Ligure il titolo di "capitale della vela sportiva".
Il primo vuol onorare la memoria e nello stesso tempo ricordare alle giovani generazioni la figura dell'imprenditore Prina che ebbe delle giuste intuizioni sugli sviluppi che avrebbe potuto avere in Italia la Nautica da diporto.
La coppa Carlo Negri è un trofeo di portata storica; fu istituita nel 1945 da Beppe Croce, allora presidente dello Yacht club italiano, per commemorare Carlo Negri, figlio di Margherita Pirelli, medaglia d'oro al valor militare, caduto in Albania nel settembre del 1943 durante un'azione volontaria in una missione di soccorso ai soldati italiani accerchiati dalle truppe tedesche.