Il coraggio della capinera

 

Il coraggio della capinera

di B. Mortola

 

Tanti, appena sentono pronunciare “Portofino”, pensano alla famosa piazzetta di Portofino Mare, ai vip di turno, ai motoscafi dei miliardari, ma… esiste anche un altro mondo, poco lontano, un mondo selvaggio fatto di sentieri scoscesi che si arrampicano tra antichi uliveti ora invasi dai rovi o che attraversano leccete e macchia mediterranea.

Ho fatto l’operaio forestale sul Monte di Portofino per diversi anni, ed è per questo che posso raccontare una cosa davvero strana che mi è capitata in quei posti.

Sono solo e, con un decespugliatore, sto pulendo il sentiero che da San Rocco di Camogli arriva alle Batterie, dove ci sono i bunker della Seconda Guerra Mondiale, scende alla Cala dell’Oro, risale il pendio e poi discende a San Fruttuoso di Capodimonte: minuscolo gruppo di case attorno all’Abbazia immersa nella sua atmosfera di religione e di storia.

Ho quasi finito e laggiù in fondo si vedono già l’Abbazia e le case.

Taglio lisca, corbezzoli, mirto, erica e rovi, tutto quello che trovo per una larghezza di un metro e mezzo sui due lati del sentiero.

Fa molto caldo e sudo abbondantemente.

Avanti. Prima finisco e meglio è.

Mi fermo a riposare qualche minuto, mi siedo e guardo i cespugli davanti a me che taglierò tra poco.

E’ allora che accade.

All’improvviso.

Un uccellino.

E’ piccolo, forse una testanera, come lo chiamano da queste parti.

Non sono un ornitologo, non so esattamente cos’è, però vedo l’uccellino sbucare dal cespuglio ancora intatto e venirmi incontro, saltellando sul terreno con un’ala visibilmente penzoloni, rotta.

Quando arriva ad un paio di metri da me, saltella di lato e si tuffa nella macchia.

Sto pensando “povera bestia”, ma…

ecco di nuovo l’uccellino sbucare come prima dal cespuglio sul sentiero e venire verso di me, sempre saltellando, sempre con quell’ala che si trascina nella polvere… e di nuovo, quando arriva vicino a dove sono seduto, s’infila nella macchia.

Quando lo rivedo la terza volta, sempre saltellando con quell’ala storta, mi incuriosisco, mi alzo e mi sposto per vedere meglio.

Così lo vedo arrivare saltellando con l’ala penzolante e quando è vicino tuffarsi di nuovo nella macchia, ma da dove sono ora posso continuare a vedere cosa fa: appena entra nella macchia si alza in volo, con tutte e due le ali ben spiegate e funzionanti, e raggiunge il cespuglio sul sentiero da dove sbuca di nuovo saltellando con l’ala penzoloni e viene ancora verso di me.

Allora mi ricordo di qualcosa del genere visto in TV tempo prima.

Quell’uccellino ha di sicuro il nido in quel cespuglio che tra poco taglierò, così si fa vedere da me tenendo l’ala in modo che sembri rotta perché vuole che io lo segua.

Una tecnica per allontanare me – il suo possibile predatore – dal suo nido.

Ho ripreso a lavorare, ho finito di pulire il sentiero e sono arrivato a San Fruttuoso, ma quel cespuglio da dove partiva l’uccellino con la sua ala “rotta” è rimasto intatto ed è ancora là.

 

Una capinera maschio foto G. Motta