Andrea Doria

 

Di Andrea Doria è stato detto molto. Fu un uomo che morì vecchio, a 94 anni, un età impensabile per l'epoca. Rese grandi servigi  alla corte pontificia, contro Carlo VIII in difesa di Ferdinando d'Aragona, sotto Francesco I e Carlo V e contro i pirati barbareschi nel Mediterraneo. Ostile al Re di Francia e al servizio dell'Imperatore Carlo V, riuscì a cacciare i Francesi da Genova il 28 agosto 1528 e a riunire ad essa le due riviere, in un periodo di indipendenza che tuttavia sarà funestato da numerose congiure, prima fra tutte quella dei Fieschi. Per quanto accadde nel 1528 esiste un antefatto che coinvolse il Doria e la riviera. Intorno al 1525 l'ammiraglio era agli ordini di Francesco I di Francia contro Carlo V e in realtà guidava le navi pontificie di Papa Clemente VII, alleato del francese. Nell'anno 1527 tra gli altri avvenimenti il Doria stava stringendo d'assedio Genova e la riviera, mentre sette galere della repubblica e altre navi cariche di grano erano riparate a Portofino. Nella città dove ormai scarseggiavano i viveri si stava aspettando ansiosamente il carico. Non sentendosi sicure le navi uscirono dal porto ma, colte da vento contrario dovettero riparare nuovamente in porto.

I palazzi dei Doria a Genova.  Si trovano nella zona della Chiesa di S. Matteo in pieno centro storico. In città, oltre ad altre diverse proprietà, Andrea Doria possedeva la grande villa nota come Palazzo del Principe

 

Ancora prima che riuscissero a dar fondo furono assalite dalla flotta dell'Ammiraglio e catturate. Le soldataglie poi scesero a terra saccheggiando  il borgo ed anche il monastero della Cervara. Quell'anno in realtà il blocco del Doria era stato continuo  cosicché a Genova si distribuivano alla popolazione solo tre pani a testa e  nei territori intorno al Promontorio di Portofino stava iniziando la carestia dovuta anche alle continue piogge di quell'anno che avevano rovinato i raccolti. Cronache del tempo raccontano addirittura che, in estate,  per tre mesi nella riviera non si vide il sole. Vale la pena di raccontare ancora un altro episodio accaduto nello stesso anno. Nel territorio dell'attuale S. Margherita Ligure si sparse la voce che due Tartane, imbarcazioni a vela tipiche della costa ligure e provenzale cariche di grano erano approdate a Portofino. Il popolo affamato raggiunse quindi il porto naturale per chiedere una parte di carico ma ricevette solo risposte negative, armatosi tornò a richiedere una parte del grano ma ancora una volta i Portofinesi respinsero i vicini che tornarono alle loro case sempre più disperati. Fu questo un brutto episodio, ma alla carestia doveva seguire l'anno seguente un flagello ancora più grande: la peste!

Ancora alcuni scorci dei palazzi. Sul portale si può notare un'iscrizione riferita proprio ad Andrea Doria

 

L'anno 1528 fu quindi tremendo per le popolazioni ma Genova visse uno dei momenti più importanti della sua storia. Il Doria si impadronì della Spezia,  occupò Portovenere, Levanto, Sestri, Chiavari, Rapallo e i suoi quartieri (Pescino), Portofino, Camogli, Recco e tutti i paesi e le borgate della riviera e occupò Genova dopo, come abbiamo visto, aver posto un lungo assedio. La Liguria  venne liberata dal predominio spagnolo, di cui era garante il Doge Antoniotto Adorno, e fu costretta all'obbedienza al Re di Francia, Francesco I.  Tuttavia nel popolo era forte il malcontento contro i francesi, ed anche in Andrea Doria che non aveva ricevuto compensi adeguati. L'ammiraglio passò così a servire Carlo V. Francesco I sapendo dell'abbandono gli tese diverse insidie facendolo fuggire da Genova. Andrea si rifugiò così alla Cervara dove i monaci l'ospitarono anche se, contro la sua volontà, i francesi l'anno prima avevano saccheggiato il monastero.

Da qui passò a Lerici organizzando una spedizione che entrò di notte in Genova al grido di S. Giorgio e Libertà, dichiarando decaduta la signoria del Re di Francia e scrivendo una nuova costituzione che mise il potere quasi interamente nelle mani della nobiltà.

Ora finalmente si apriva un periodo relativamente tranquillo per le riviere, se non fosse per la nuova minaccia che, come tante altre volte, arrivava dal mare.

 

La congiura dei Fieschi

Andrea Doria per contribuire alle spese delle imprese dell'Imperatore Carlo V faceva affidamento sui nobili genovesi. Tra questi uno dei più sensibili era il Conte Sinibaldo Fieschi che, estremamente generoso, sosteneva spese per la repubblica ed aveva rinunciato, a favore di quella, alla Porta d'Archi e a numerosi beni in Genova, contro l'esenzione da gabelle ed un compenso annuo per sé e per i suoi discendenti. Per questi suoi atti alla sua morte lasciò la vedova, che si ritirò nel castello di Montoggio, e il figlio Gian Luigi in ristrettezze economiche; anche perché la repubblica non pagò più quanto promesso.

La basilica di S. Salvatore dei Fieschi, monumento nazionale dal 1860. La sua costruzione risale alla metà del XIII secolo e fu voluta da papa Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi)

 

Andrea non avendo figli aveva preso con se Giannettino, figlio di suo fratello, e questi, che poteva permettersi vita sfarzosa, aveva trattato spesso Gian Luigi da inferiore e suddito. L'odio del Fieschi aumentò enormemente quando seppe che Giannettino amoreggiava con Eleonora Cibo, che lui aveva sposato appena diciassettenne. I consigli di Pier Luigi Farnese, Signore di Piacenza e nipote del Papa ostili agli spagnoli e ai Doria fecero il resto. Gian Luigi stimolato anche dalla Francia fu spalleggiato da Giambattista Verrina e da  altri, ma il Verrina in realtà aveva l'intenzione di ucciderlo dopo il felice esito della congiura perché odiava la nobiltà. Durante la battaglia Gian Luigi cadde da una nave e morì non per colpi nemici ma per colpa della sua armatura, mentre nel frattempo i suoi fratelli avevano occupato parte della città. Giannettino uscito per il frastuono fu raggiunto da un colpo d'archibugio e finito da Ottobuono Fieschi. Andrea Doria nel frattempo fu convinto a rifugiarsi nel castello di Masone. Quando si seppe della morte di Gian Luigi vi fu una confusione generale, ma in quella confusione solo Gerolamo Fieschi provò a sollevare il popolo, ma nessuno lo seguì vista la poca simpatia nei confronti dei Fieschi. Il Senato della Repubblica mandò una commissione a proporre  l'indulto a Gerolamo a condizione che sgombrasse la città.  Questi accettò e riparò nel castello di Montoggio. Suo fratello Ottobuono, il  Verrina e  altri salparono su una galea pontificia verso Marsiglia.  Poco tempo dopo a domanda dell'Imperatore Carlo V, Andrea Doria chiese al Senato di revocare l'indulto. Il Senato non ebbe il coraggio di opporsi; vennero così banditi i Fieschi e confiscati i loro beni, distrutte le loro case, incamerati i loro domini. Gerolamo rinchiusosi nel castello di Montoggio sarebbe presto caduto  in mano dei soldati della repubblica e giustiziato, mentre il corpo di Gian Luigi, ripescato dal fango della darsena, fu ricacciato in mare per ordine di Andrea Doria, per evitare ogni pretesto di rivolta nel caso gli fossero stati fatti i funerali.