Il sangue freddo degli animali

 

A parte i mammiferi e gli uccelli, definiti omeotermi perché capaci di regolare la propria temperatura corporea  mantenendola costante al variare della temperatura esterna, quasi tutti gli altri animali possono essere considerati a sangue freddo (ectotermi), con temperatura del corpo, in condizioni di riposo, simile a quella ambiente.  Per svolgere le attività vitali molti di questi ultimi devono riscaldare il proprio corpo trovando espedienti che ne possano alzare la temperatura. Così diverse specie di insetti (che al posto del sangue possiedono una sostanza chiamata emolinfa), sono in grado di riscaldare i propri muscoli e il loro corpo facendo vibrare le ali o l’addome o, come le farfalle, posizionandosi per un po’ di tempo al sole. Questo secondo espediente è sfruttato da serpenti e lucertole, che si crogiolano al sole per accumulare calore.  Anche gli anfibi si scaldano al sole e per raffreddare il corpo in estate si mettono all’ombra o possono sempre farsi un bagnetto.  I pesci si adattano alle variazioni di temperatura dell’acqua  modificando il loro metabolismo, rallentandolo o velocizzandolo, o, in altri casi, si spostano  anche a differenti profondità o in diverse aree geografiche, per trovare a seconda della stagione condizioni migliori che consentano di ridurre lo sbalzo della loro temperatura corporea. In ogni caso il calore prodotto dai processi metabolici nei pesci può alzare leggermente, anche se di frazioni di grado, la temperatura interna. Le palamite, i pesci spada e soprattutto i tonni, invece,  per riscaldare il corpo sfruttano  ottimamente il calore prodotto dall’attività dei muscoli. Addirittura nei tonni la temperatura interna sembra variare in un intervallo di 5°C, indipendentemente dalla temperatura dell’acqua.  Alcune strategie, come quelle adottate dallo squalo bianco e dalla tartaruga liuto, consentono di  rallentare le variazioni della temperatura interna sfruttando come isolante la loro grande mole o la  ridotta superficie corporea esposta al raffreddamento/riscaldamento (gigantotermia). Secondo alcuni scienziati, questa strategia potrebbe essere stata propria dei grandi dinosauri terrestri e soprattutto marini.

Dopo questa premessa torniamo ai protagonisti dell’articolo: i serpenti. Nel nostro territorio, a parte la vipera comune(Vipera aspis) che appartiene alla famiglia viperidi, distribuita irregolarmente nell’entroterra e più rara o assente, con alcune eccezioni,  lungo la costa, esistono alcune specie, tutte appartenenti alla famiglia colubridi, che occupano diversi ambienti.

La vipera ha il corpo tozzo che termina  assottigliato bruscamente in una “coda”. Mostra inoltre una pupilla allungata e non rotonda come quella degli altri serpenti che vivono nel nostro territorio. La testa massiccia e allargata in prossimità del “collo” è invece un carattere che condivide con l’innocua  natrice viperina. Questo rettile predilige le aree dove la vegetazione è scarsa o comunque ridotta in altezza, come i pascoli, soprattutto dove sono presenti  molte rocce o massi sui quali riscaldarsi. Vive anche in boschi luminosi e radure.  I giovani esemplari catturano piccoli rettili, anfibi e insetti, mentre gli adulti cacciano le loro prede, soprattutto piccoli mammiferi, utilizzando sovente la tecnica dell’agguato. Le individuano  grazie ad un recettore termico posto al di sotto dell’occhio, che funziona anche durante la notte,  e, quando queste sono sufficientemente vicine, le mordono raggiungendole con un movimento rapidissimo. Quando il veleno ha effetto, le vipere si spostano alla ricerca della preda,  individuandone  la traccia olfattiva. La stagione fredda blocca letteralmente il metabolismo di questi rettili, che possono muoversi solo quando la temperatura è superiore ai 5°C, mentre per la digestione necessitano di temperature ancora più alte, intorno ai 15°C. Anche per questo motivo trascorrono un periodo di letargo, come fanno anche quasi tutti i colubridi.

 

 

Il capo di una vipera (Vipera aspis) dove si nota la caratteristica pupilla allungata. (Foto E. Monaci)

 

I colubridi hanno solitamente il corpo allungato e possiedono una pupilla circolare. Vivono in svariati ambienti. Tipicamente legate all’acqua sono le natrici. La  natrice viperina può essere confusa con la vipera, ma è praticamente innocua.  Predatore tipicamente diurno, da giovane questo serpente caccia i piccoli vaironi, pesci piuttosto comuni in molti torrenti, e i girini, che ricerca in primavera nelle pozze d’acqua. I pesci sono predati anche dagli esemplari adulti, che inoltre si cibano di anfibi e più raramente di piccoli mammiferi e nidiacei di uccelli acquatici, e cacciano restando immobili sul fondale o tra la vegetazione dei torrenti sin quando la loro vittima non giunge sufficientemente vicina per afferrarla con denti, inclinati verso l’interno della bocca per rendere più efficace la presa.

La natrice dal collare  si distingue per i disegni colorati che ha sul collo ed è un’ottima nuotatrice. Può capitare infatti di vederla scivolare sulla superficie dell’acqua come fanno gli altri serpenti sulla terraferma.  Si muove normalmente anche a terra, ma rimane spesso in prossimità di ambienti umidi, dove trova abbondanti anfibi che sono le sue prede principali. E’ più raro invece che queste natrici si cibino di piccoli mammiferi o pesci. Sono quasi inoffensive e raramente mordono, ma piuttosto, se disturbate, si muovono in avanti come per attaccare. Come le natrici viperine, possono invece secernere un liquido dall’odore disgustoso prodotto da alcune ghiandole poste vicino all’ano.

 

 

Natrice viperina (Natrix maura) sott’acqua (foto E. Monaci).

 

 

Natrice dal collare (Natrix natrix) (Foto E. Monaci).

 

Molto più terrestre e legato ad ambienti costieri e soleggiati, il colubro verdegiallo o biacco è un ottimo cacciatore che si muove sul terreno o permane lungo tempo a crogiolarsi al sole. A dispetto del nome può mostrare una livrea dorsale totalmente nerastra.  Quando cerca le sue prede ne segue le tracce olfattive, poi, una volta individuate, si avvale della sua vista e  le raggiunge anche nelle loro tane. Preda soprattutto piccoli roditori, ma anche lucertole, anfibi, uccelli, uova, nidiacei, lumache e pare persino pesci. Questi ultimi piuttosto raramente anche se per catturarli questo serpente sembra  capace di nuotare in immersione. I grossi biacchi, spesso visti come fastidiosi nelle nostre campagne, possono  anche cibarsi di altri serpenti, vipere comprese.  Sono molto  aggressivi e se bloccati si difendono sferrando attacchi ripetuti e mordendo. Nonostante ciò non sono considerati pericolosi per l’uomo.

 

 

Colubro verde e giallo o biacco (Hierophis viridiflavus) (Foto G. Massa).

 

Il più agile tra tutti i nostri serpenti è certamente il colubro di Esculapio o saettone, che ama arrampicarsi sui cespugli e sui rami degli alberi. Può diventare molto lungo e sfiorare i due metri di lunghezza. Si ciba di piccoli roditori, come ghiri, talpe, toporagni e topi, nonché di piccoli uccelli e nidiacei che trova sugli alberi. Individua le sue prede grazie all’olfatto o cercandone le nidiate nelle tane o nei nidi. I giovani predano soprattutto  lucertole. Per uccidere le prede i saettoni utilizzano la tecnica dei boa, avvolgendo  i malcapitati nelle spire del loro corpo e stritolandoli.

 

 

Colubro di Esculapio o saettone (Elaphe longissima) (foto E. Monaci).

 

Terminiamo la carrellata sui serpenti parlando del poco comune  colubro di Riccioli, simile al colubro liscio, segnalato anch’esso in Liguria. Questo piccolo rettile è lungo in media mezzo metro e nel nostro territorio sembra  vivere in ambienti asciutti come la macchia mediterranea. Si tratta di una specie che caccia la notte e preda spesso gechi , orbettini e luscengole, ma anche altri giovani serpenti, che soffoca avvolgendoli con le spire. È un animale molto mansueto e per nulla pericoloso.

 

 

Colubro di Riccioli (Coronella girondica)(foto archivio Parco Portofino).

 

Vanno ancora segnalate alcune specie osservate nel Ponente Ligure, come la natrice tassellata, il colubro bilineato (un unico ritrovamento in Provincia di Imperia) e il colubro lacertino. Quest’ultima specie, lunga e tozza, possiede un veleno che usa per uccidere le prede. In ogni caso utilizza anche le spire per soffocare la sua vittima, riuscendo a catturare persino piccoli conigli. Si tratta comunque di una specie non molto pericolosa per l’uomo.