Qualche notizia sui colorati opistobranchi

 

Dopo i coralli e le gorgonie e, ovviamente, i pesci, uno dei gruppi di organismi viventi che attrae maggiormente l’attenzione dei subacquei è quello degli opistobranchi.

Si tratta di molluschi che non possiedono una conchiglia o che ne hanno una minuscola e immersa nei tessuti del dorso. Alcune specie, però, sono provviste di piccole conchiglie, che non riescono ad avere  la funzione di proteggere completamente , come avviene per altri gruppi (es. Bivalvi), il corpo dei molluschi. Gli opistobranchi prendono il nome dalla posizione delle branchie, situate nella parte posteriore del corpo e in molti casi ben visibili come ciuffi sul dorso degli animali.

A questo gruppo di molluschi appartengono specie che sfoggiano livree estremamente variopinte. La bellezza dei loro colori, tuttavia, sfugge alla gran parte dei sub, perché gli esemplari di molte specie sono lunghi solo qualche centimetro e quindi difficilmente identificabili sui fondali.

Tra gli opistobranchi di maggiori dimensioni troviamo le aplisia, chiamate anche “lepri di mare”, che si spostano strisciando sui fondali o anche nuotando armoniosamente grazie ad estroflessioni simili a pinne presenti ai lati del loro corpo. Le “lepri di mare”, grandi sino a 25-30 centimetri, sono brunastre e possiedono una conchiglia ridotta e interna ai loro tessuti. Sono animali erbivori e nel periodo della riproduzione depositano cordoni di uova somiglianti a fili e chiamati volgarmente “spaghetti di mare”.

 

 

Una “lepre di mare” (foto E. Monaci).

 

Il doride dipinto è una specie molto diffusa, soprattutto nei fondali scarsamente illuminati. I suoi colori vivaci questa volta non passano inosservati, grazie alle sue dimensioni che sfiorano i 20 centimetri di lunghezza. In profondità il doride va alla ricerca di alcuni poriferi (spugne di mare) dei quali si nutre, rodendone la superficie.

 

 

Un doride dipinto (foto F. D’Errico).

 

Se i poriferi del genere Ircinia sono i preferiti dall’opistobranco precedente, Petrosia ficiformis è invece il porifero di cui si nutre la “vacchetta di mare”. La “vacchetta” è un mollusco dalla forma quasi circolare, particolare ed inconfondibile, molto conosciuto dai sub, che supera i 10 centimetri di diametro. Sembra che la “vacchetta” prediliga lo strato esterno “colorato” dei poriferi di cui si nutre, probabilmente perché più “saporito” in quanto molto ricco di microrganismi simbionti, che sono i responsabili della colorazione della spugna.

 

 

Una “vacchetta di mare” intenta a cibarsi dei tessuti di una spugna (foto G. Angelina).

 

Vicino alla superficie si possono incontrare minuscoli opistobranchi, con livree che mostrano tonalità verdastre. Si tratta degli aplisidi, animali in prevalenza erbivori. Secondo un gruppo di ricercatori alcune specie di aplisidi sarebbero in grado di immagazzinare i cloroplasti delle alghe (gli organelli cellulari nei quali si realizza la fotosintesi) nei loro tessuti, mantenendoli attivi e produttivi.  In questo modo sembra che queste lumachine riescano a sopravvivere non alimentandosi per lungo tempo.

 

 

Una piccolissima Elysia sp.

 

Le specie di piccoli opistobranchi sono moltissime ed alcune come il cromodoride a pois gialli si nutrono ancora di poriferi. Molte altre, invece, come le flabelline, la cratena e il dondice, si nutrono di idroidi.

Gli idroidi, cnidari come le gorgonie  e gli anemoni, sono organismi più o meno urticanti che formano solitamente piccole colonie ramificate o pennate e ricche di polipi simili a quelli dei coralli. Soprattutto le flabelline sono comuni tra i rametti degli idroidi, che sfruttano anche per deporvi sopra i cordoni di uova prodotti durante l’accoppiamento.

 

Flabellina su di un idroide. Si possono notare le estroflessioni dorsali chiamate cerata e, più distante, i cordoni di uova del mollusco (foto S. Bava).

 

Una delle poche specie che mostrano una conchiglia è l’umbraculo mediterraneo, che vive in fondali detritici o sabbiosi e che rimane infossato durante il giorno mentre diviene attivo la notte. La conchiglia dorsale è comunque piccola rispetto all’animale, che raggiunge i 20 centimetri di diametro, e spesso ricoperta da alghe o altri organismi incrostanti. Anche questa specie si nutre di poriferi.

 

Umbraculo mediterraneo (foto R. Pronzato).

 

I colori degli opistobranchi forniscono un esempio di strategia particolare. Questi animali si rendono visibili proprio per farsi riconoscere bene. Essendo immangiabili e ben riconoscibili, infatti, i predatori non oseranno attaccarli. In molti casi l’essere immangiabili dipende dalla dieta. Ad esempio, le specie che si nutrono di idroidi riescono ad alimentarsi dei loro tessuti, mantenendo le cellule urticanti degli idroidi stessi pressoché integre e stipandole nei cerata, ossia nelle estroflessioni dorsali comuni in molti opistobranchi.