I nostri pesci: i saraghi

 

Se c’è un pesce conosciuto praticamente da tutti, quello è il sarago. Dal punto di vista culinario non si tratta tuttavia di un alimento comune; ben più consumate sono ovviamente orate e spigole.

Il motivo della “fama” è legato alla sua grande diffusione nelle acque costiere, che lo rende facile preda soprattutto dei pescatori “in erba”, i quali, già da piccoli, cominciano a farne la conoscenza.

I saraghi sono anche i soggetti preferiti di molti fotografi subacquei che ne immortalano sovente i branchi nei pressi della costa rocciosa. Quelli presenti nel nostro mare sono di cinque specie diverse, che appartengono tutte al genere Diplodus.  Probabilmente il più diffuso e il sarago fasciato (D. vulgaris), chiamato da alcuni anche “testanera”. Si caratterizza, oltre che per la tipica striscia scura sul peduncolo caudale, anche per un’evidente striscia che dal capo scende sui fianchi. Forma gruppi numerosi, all’interno dei quali sono ospitate talvolta  anche altre specie di pesci.

 

 

Branco di saraghi fasciati con alcuni “intrusi” (foto R. Casale).

 

Il sarago maggiore (D. sargus), che può raggiungere i 45 centimetri di lunghezza ed i 2 chilogrammi di peso, presenta livrea variabile, apparendo con la solita “anellatura” caudale e con diverse strisce verticali sui fianchi, che possono però essere poco o nulla visibili negli animali di taglia maggiore.

 

 

Sarago maggiore (foto R. Casale).

 

Strisce verticali che sono invece sempre visibili nel sarago pizzuto (D. puntazzo), molto simile al “maggiore” ma con il muso appuntito. Gli esemplari di questa specie, che dal punto di vista alimentare è forse la meno  pregiata, tendono a muoversi solitari sui fondali e possono raggiungere dimensioni rilevanti (sino a 60 centimetri di lunghezza).

 

Sarago pizzuto (foto P. Senarega).

 

Il più “piccolo” del gruppo è il sarago sparaglione (D. annularis), che raggiunge al massimo i 25 centimetri di lunghezza. Si presenta con una livrea dalle lievi sfumature giallognole, particolarmente accentuate sulle pinne pettorali.

 

 

Sarago sparaglione (foto A. Carbone).

 

Terminiamo con un’ultima specie, da noi piuttosto rara, ma di questi ultimi tempi in deciso aumento numerico. Si  tratta del sarago faraone (D. cervinus), che sembra essere penetrato nel Mediterraneo dall’Atlantico e che tende a rimanere solitario anche se lo si può comunque incontrare in mezzo a branchi di altri saraghi. Può avere dimensioni piuttosto rilevanti e la sua livrea appare inconfondibile, con larghe fasce verticali nerastre lungo tutto il corpo.

 

 

Sarago faraone (foto M. Vinelli).

 

In generale questi pesci possono essere considerati animali onnivori. Si nutrono infatti sia di alghe che di crostacei, molluschi, vermi ed altri invertebrati. A dire il vero le alghe sono un alimento di cui si ciba soprattutto il sarago pizzuto ed in misura modesta il sarago maggiore. Anche i ricci di mare possono far parte della loro dieta. E’ soprattutto il sarago maggiore ad essere ghiotto del “riccio femmina”, ma riesce a perforarne il guscio solo quando ha raggiunto una grossa taglia e un adeguato sviluppo della dentatura che gli consente di sbriciolare le difese aculeate.

Si tratta di pesci che possono avere sessi separati, come nel caso del sarago maggiore, od essere ermafroditi. Il sarago sparaglione raggiunge la maturità sessuale come individuo di sesso maschile e solo ad una certa età può maturare gonadi femminili con relativa inversione sessuale. Probabilmente in questo modo si garantisce una migliore progenie (le femmine sono esemplari grossi e robusti). Più complessa sembra essere la situazione del sarago pizzuto e di quello fasciato, pesci ermafroditi senza una regolare successione di fasi sessuali. La riproduzione delle diverse specie può avvenire, nelle differenti aree del Mediterraneo, da fine inverno all’autunno.

I saraghi producono uova galleggianti, dalle quali nascono piccoli pesciolini che per qualche tempo restano liberi nelle acque marine. I fondi ricoperti di alghe e la prateria di Posidonia oceanica sono gli habitat dove i piccoli, qualche tempo dopo, si sviluppano, riunendosi poi in branchi.

In un “mare” di insidie non tutti i pesciolini riescono a sopravvivere e nella primavera seguente i sopravvissuti, completamente autonomi, andranno a rimpolpare le schiere dei pesci costieri, con i loro 4-5 centimetri di lunghezza.

Con l’aumento delle dimensioni questi pesci possono spostarsi a profondità maggiori. E’ infatti piuttosto comune osservare, tra i coralli e le gorgonie, branchi di grossi saraghi (soprattutto sarago volgare e maggiore), intenti a muoversi alla ricerca di cibo.

Non è escluso poi che i grossi esemplari delle specie gregarie, ad un certo punto della loro vita vivano solitari, utilizzando gli anfratti rocciosi sommersi come tana.

Da qualche anno uno strano fenomeno ha colpito, prevalentemente nel Mar Ligure, i saraghi e soprattutto il sarago maggiore. Alcuni esemplari presentano un generale indurimento della carne, che diviene stopposa e di scarsa qualità. Secondo una teoria ciò troverebbe una spiegazione di tipo genetico, con individui che tramanderebbero questa particolarità, negativa per i predatori e vantaggiosa per gli stessi saraghi.

Osservare da sotto la superficie questi abitanti del mare liberi nel loro ambiente è sempre qualcosa di emozionante. Sono animali curiosi e socievoli e questo li può rendere facili prede. A questo proposito vale sempre la pena ricordare che i pesci non sono oggetti e quindi vanno trattati con rispetto. Se siamo pescatori dilettanti preleviamo dal mare solo pochi pesci per cibarcene.  Sebbene la pesca possa essere piacevole, occorre sempre tenere un comportamento etico, ricordando che i pesci soffrono e muoiono per il nostro divertimento.