Il tempo delle viole

 

Dalla fine dell’inverno, le viole compaiono nei prati e nei boschi annunciando il risveglio della natura.

Già in epoca romana la viola era vista come il simbolo delle piante perenni, ossia quelle capaci di superare i rigori dell’inverno e di ricominciare a vegetare all’inizio della bella stagione.  Il suo nome si è progressivamente “trasformato” a partire dai termini “vivuola” e “vivola” che contengono la radice del verbo vivere e sembrano ispirati proprio alla capacità della pianta di comparire precocemente con foglie e fiori dopo la brutta stagione. Il nome odierno, seppur poco diverso dai precedenti, ha ormai perso senso, e richiama alla mente solo il colore o il nome femminile omonimi.

Sebbene non ci si pensi, la viola  mostra una particolare originalità, perché la forma del fiore è inconfondibile e, quando presente, lo è  anche il suo profumo.

Sono stati proprio i profumieri ad averlo capito per primi, sfruttando l’essenza di viola soprattutto in epoca recente per produrre il profumo “violetta di Parma”, partendo da ibridi derivati da incroci di profumate viole selvatiche.

A dire il vero fu Maria Luigia Duchessa di Parma a favorire, intorno ai primi dell’ottocento, la creazione di un sistema per estrarre dai fiori un’essenza dall’aroma di violetta. In seguito, intorno al 1870, la ricetta segreta venne acquisita da Ludovico Borsari che iniziò una piccola produzione.  Alcuni autori suggeriscono che proprio le “violette di Parma” derivino da incroci di specie come la viola mammola (Viola odorata), la Viola suavis e la viola bianca (Viola alba). Recenti studi hanno chiarito che gli ibridi sembrano derivare soprattutto da una sottospecie della viola bianca (Viola alba subsp. dehnhardtii)  che in questo caso proprio bianca non è, come si può osservare nella fotografia.

 

La viola mammola (Viola odorata)

 

 

Viola alba subsp. alba

 

 

Viola alba subsp. dehnhardtii

 

L’uso delle viole non si ferma alla sola preparazione di profumi. I fiori sono utilizzati per produrre violette candite, che comunque aromatizzano il palato, o per infusi e sciroppi, utili per lenire le irritazioni delle vie aree, seguendo con attenzione ricette “collaudate” e utilizzando piante cresciute in aree dove non siano stati usati pesticidi. Qualcuno utilizza i fiori  in ridotte quantità anche nelle insalate.

Certamente curiosa e del tutto campata in aria una bizzarra usanza dei romani i quali coltivavano le viole anche per porle sulle tavole imbandite, sicuri che avessero il potere di limitare gli effetti negativi delle ubriacature.

Senza dubbio la viola più conosciuta è la mammola, che si distingue soprattutto per il forte profumo ed il colore violetto dei suoi fiori. E’ molto comune lungo le strade di campagna, vicino ai muretti a secco,  ma soprattutto nei boschi. Non è molto difficile distinguerla dalle altre specie selvatiche, ma spesso chi “incontra” le viole durante le passeggiate è portato a pensare che facciano tutte parte di un’unica specie. La mammola è comunque molto precoce perché inizia a fiorire addirittura a febbraio.

Le altre viole producono in genere fiori leggermente “scoloriti” rispetto a quelli della mammola. Tra quelle più comuni:

Viola hirta ha corolle di colore blu chiaro o violetto, ma solitamente lo sperone, che è la parte allungata che si trova dietro i petali, ha un colore violetto più scuro che contrasta con i petali stessi. I sepali che formano il calice hanno la punta arrotondata. Un altro carattere che la distingue è l’assenza di profumo.

 

 

Viola hirta

 

Viola riviniana è caratterizzata principalmente dallo sperone ben sviluppato, blu chiaro o frequentemente bianco. Come la successiva ha i sepali che terminano appuntiti.

 

 

Viola riviniana

 

Viola reichenbachiana ha sperone violetto, sepali appuntiti ed il fiore ha una forma caratteristica, apparendo sempre un poco schiacciato, con i petali stretti che si dispongono quasi su di un unico piano.

 

 

Viola reichenbachiana

 

Viola canina ha fiore con aspetto massiccio e sepali abbastanza appuntiti. Inoltre tende a produrre stoloni, ossia prolungamenti da cui si sviluppano nuove piantine. Lo sperone dietro i petali è solitamente giallastro o verdastro.

 

 

Viola canina

 

Un discorso a parte va invece fatto per le “viole bianche”.

Viola alba subsp. alba è inconfondibile, perché normalmente è bianca e profumata, ma come si è detto esiste un’altra sottospecie caratteristica, già citata, che potrebbe essere confusa con la  Viola hirta se non fosse per il profumo intenso che emana.

Tra le viole selvatiche ve ne sono alcune che hanno seguito altri destini. I loro ibridi sono infatti divenuti splendide piante da giardino. E’ il caso delle viole del pensiero (Viola tricolor) che in natura sono piuttosto rare e spesso confuse con la viola dei campi (Viola arvensis). La viola dei campi si trova frequentemente a primavera inoltrata, al margine delle strade e negli oliveti. I suoi colori sono solitamente il bianco e il giallo, talvolta anche l’azzurro bluastro, che comunque in genere hanno tonalità meno intense rispetto a quelle delle viole del pensiero.

 

 

Viola arvensis

 

Anche sui monti dell’Appennino sono comuni queste specie di viole e ne compaiono altre molto appariscenti. Ai primi segni di disgelo sulle pendici delle vette  sboccia una viola dai petali molto ampi. Si tratta di Viola calcarata che per le dimensioni non passa certo inosservata, così come la rara Viola biflora, originalissima per via dei suoi fiori di colore giallo intenso con venature brune.

 

 

Viola calcarata

 

Alcune specie di viole producono fiori sterili in quantità e fiori fertili solo alla fine della fioritura. Nella mammola, come in altre specie, spesso molti fiori non si aprono neppure e i semi in questo caso vengono prodotti grazie ad un processo di autofecondazione chiamato cleistogamia. Curioso anche il meccanismo di disseminazione: nel frutto (capsula) si crea una pressione che a maturazione lo fa aprire in tre valve e provoca il “lancio” a distanza dei semi.

Purtroppo questo articolo può essere apparso piuttosto tecnico e per questo motivo forse anche noioso. Sembrava giusto, tuttavia, parlare un po’ più approfonditamente di un fiore semplice che tutti conoscono “al singolare” e che invece esiste nella nostra natura con straordinarie e diverse specie.