L’enigma dei paguri

 

E’ nato prima l’uovo o la gallina? Questo tormentone ha fatto spremere le meningi a molti giovani di diverse generazioni ai quali veniva posto lo strano quesito. Se si accetta la teoria dell’evoluzione, però, la soluzione è scontata. L’uovo è il “sistema” utilizzato per riprodursi da pesci, anfibi e rettili, nonché da artropodi (es: crostacei e insetti) e molluschi, comparsi sulla terra ben prima degli uccelli. In ogni caso, la gallina, con le sue diverse razze, è stata “creata” dall’uomo attraverso numerosi incroci, a partire da un uccello asiatico che comunque si deve essere riprodotto per forza attraverso le uova.

Se invece si considera l’uovo di gallina in senso stretto e il pennuto che uscirà da esso, il ragionamento può anche essere diverso perché la cellula fecondata dalla quale si svilupperà il pulcino “prende vita” ed inizia a suddividersi già nel corpo della gallina stessa, prima che si definisca perfettamente l’uovo come lo conosciamo.

Ora, non è che i paguri siano imparentati con le galline, ma questa è la premessa per osservare che in natura esistono moltissimi quesiti, ben più particolari e misteriosi di quello citato. Durante l’evoluzione naturale determinate condizioni hanno fatto sì che alcuni animali, all’apparenza più svantaggiati, riuscissero a sopravvivere e riprodursi, magari utilizzando espedienti originali. Il caso dei paguri sembra proprio l’esempio ideale, vediamo perché.

I paguri appartengono al gruppo dei crostacei, molti dei quali (aragosta, gamberi, granchi, cicale, ecc..) si caratterizzano per possedere una corazza che protegge i loro organi interni. Sono crostacei anche i cirripedi, che comunque producono placche per proteggere il loro corpo. E i paguri?

 

 

Il vistoso addome dell’aragosta (foto B&B Diving Center).

 

 

Nei granchi l’addome è ridotto e ripiegato sotto il grosso cefalotorace.

 

I paguri hanno buona parte del corpo  molle e per questo devono proteggerlo all’interno di “qualcosa”. Perché qualcosa? Semplicemente perché se molti di loro utilizzano conchiglie vuote di molluschi marini, altri utilizzano “cose diverse”, come gusci di anellidi (vermi marini). Le “cose diverse” possono essere, seppur molto raramente, anche oggetti artificiali e qualche paguro pare abbia usato per rifugio persino lattine di alluminio! Alcuni paguri terrestri esotici (Cenobiti), infine, utilizzano conchiglie di molluschi polmonati terrestri.

Ora ci sarebbe da chiedersi perché questi crostacei sono differenti dalla gran parte degli altri che presentano il corpo interamente corazzato? Ed ecco il quesito: Questi crostacei si sono evoluti da un progenitore con addome provvisto di corazza o il progenitore aveva già l’addome molle?

Le risposte ad un quesito del genere possono ovviamente essere solo teorizzate.

Il gruppo di crostacei nel quale sono inseriti i paguri è quello dei decapodi, chiamato così perché i suoi rappresentanti possiedono cinque paia di arti, con l’anteriore che porta sovente un paio di chele.  Da aragoste e gamberi, ai paguri e ancora ai granchi, in questo gruppo si evidenzia come l’addome sia progressivamente ridotto. Grande e vistoso nelle aragoste, è ridotto e a spirale nei paguri, sino a divenire piccolo, appiattito e ripiegato sotto il grosso cefalotorace (capo e torace fusi insieme) nei granchi.

Appena nati i piccoli paguri somigliano a minuscoli gamberetti, ma presto, dopo diverse mute, il loro addome si “incurva”divenendo certamente poco funzionale al movimento. Se tutto va bene, trascorso qualche mese di vita, l’istinto spinge i piccoli a trovarsi una conchiglietta vuota, all’interno della quale si fissano con la “codina” e i ridotti arti posteriori ed ha inizio la loro vita da inquilini”.

 

 

Un giovanissimo paguro che non si è ancora trovato “casa”.

 

L’utilizzo di una corazza “artificiale” sembra avere molti vantaggi. I crostacei ricoperti completamente da corazza  hanno infatti un sacco di nemici che possono attaccarli e perforarne la “crosta” e oltre a ciò hanno un ulteriore tallone d’Achille. Per diventare adulti passano attraverso una serie di mute del tegumento che non appena sostituito rimane molle e fragile per un po’ di tempo, rendendo maggiormente vulnerabili questi animali. I paguri da questo punto di vista quando la conchiglia diviene troppo stretta ne trovano un’altra. La loro vulnerabilità e quindi legata prevalentemente al breve momento di passaggio da una conchiglia all’altra. Anche le loro mute rendono molli per qualche tempo i tegumenti del capo e delle chele, però, se disturbati,  i paguri possono ritrarsi all’interno della conchiglia, un po’ come fanno anche i molluschi, difendendosi ottimamente.

E i vantaggi non finiscono qui. Alcuni paguri per mimetizzarsi fanno crescere poriferi (spugne) sulla loro conchiglia, ma cose simili le fanno anche alcuni granchi. Sono invece solo i paguri, soprattutto quelli del genere Dardanus, a posizionare alcuni anemoni sulla conchiglia, prendendoli con le chele dal fondo marino e quando li devono trasferire da un guscio all’altro. Realizzano in questo modo una simbiosi, perché gli anemoni vengono portati in giro dal paguro, alimentandosi dei residui del cibo del crostaceo o di quel che capita tra i tentacoli. In cambio gli anemoni, grazie ai loro tentacoli urticanti, offrono protezione al paguro.

 

 

I paguri del genere Dardanus si osservano spesso in associazione con gli anemoni della specie Calliactis parasitica (foto P. Tessera).

 

Ad utilizzare questa strategia sono anche i paguri del genere Pagurus. Il paguro dell’attinia orologio (Pagurus prideaux), ad esempio, vive in simbiosi con l’attinia Adamsia carcinopados, dalla particolare colorazione a pois. La simbiosi è così spinta che l’anemone aggiunge sostanza chitinosa sul labbro della conchiglia occupata, ingrandendone il volume interno e riducendo i “traslochi” del paguro.

 

 

Il paguro dell’attinia orologio.(foto D. Mazzocchi).

 

Paguristes eremita è un piccolo paguro che vive in conchiglie ricoperte da anemoni ma soprattutto da poriferi del genere Suberites. Le spugne erodono la conchiglia e alla fine il paguro si trova a vivere all’interno del tessuto del porifero e di fatto cresce con lui, evitando “traslochi”.

Particolarissimo il piccolo paguro sedentario (Calcinus tubularis). In questa specie il maschio per proteggere l’addome utilizza una conchiglia. Nel periodo riproduttivo la femmina si rifugia nei gusci vuoti di anellidi, divenendo un animale sessile (fisso al substrato). Non è chiaro se questo comportamento venga adottato anche nei restanti periodi dell’anno o se in questi periodi la femmina imiti la strategia protettiva del maschio.

 

 

Il minuscolo paguro sedentario (foto S. Bava).

 

Terminiamo la breve carrellata con un piccolo ma diffusissimo paguro costiero, che frequentemente si osserva nella zona di marea e talvolta si muove anche all’asciutto. Si tratta del paguro zamperosse (Clibanarius erythropus). Questo piccolo crostaceo predilige come rifugio le piccole conchiglie a cornetto, ma utilizza anche conchiglie di altre specie.

 

 

Il piccolo paguro “zamperosse” (foto E. Monaci).

 

Una ricerca particolare ha dimostrato che i paguri percepiscono le sensazioni dolorose. Sono stati applicati elettrodi all’interno di una conchiglia ed i paguri che hanno sentito la scossa sono fuggiti dal guscio. La cosa potrebbe apparire naturale ma per animali “inferiori” la risposta ad uno stimolo (scossa elettrica=fuoriuscita dalla conchiglia) è necessariamente legata ad un elaborazione a livello neuronale. Molto più interessante la seconda fase di questa ricerca che ha messo di fronte a paguri che avevano ricevuto la scossa e ad altri non “elettrizzati” l’opportunità di occupare conchiglie vuote. In questo caso gli animali che avevano ricevuto la scossa elettrica si sono dimostrati ben poco attivi e diffidenti, dimostrando di ricordare la spiacevole esperienza.

I paguri sono generalmente onnivori e si cibano anche di alghe, ma alcuni possono essere prevalentemente carnivori o erbivori. Il loro ruolo  nell’ambiente, però, è  pure quello di “spazzini” perchè alcune specie sono capaci di captare l’odore degli animali morti sul fondale e di raggiungerli per cibarsene. Tra le bizzarrie di questo gruppo esistono gli esotici  paguri terrestri, tra i quali il paguro delle palme da cocco (Birgus latro), che vive in buche nel terreno ed è in grado di respirare aria, restando comunque legato all’ambiente marino soprattutto per rilasciare le sue larve.